Via S. Vitale (Clivus Marmuri) (R. I – Monti)(da via delle Quattro Fontane a via Genova)
Dalla Chiesa edificata dalla matrona Vestina e dedicata, fra il 401 e il 402, da Innocenzo I (401-417) ed innalzata a titolo.
La basilica di S. Vitale (titulus Vestinae), venne eretta verso il principio del V sec., sul pendio del Quirinale [1], dedicata ai martiri Vitale e ai figli Gervasio e Protasio, fu alzata nella vallata sottoposta al Quirinale, sulla strada in pendio (vicus Longus - ora via Nazionale). La chiesa viene così oggi a trovarsi ad un dislivello di ben 36 scalini.
In prossimità aveva un monastero, ricordato fin dal 1396, cui il Primicerio degli Iudiciarii [2] legò quattro fiorini d'oro per la restaurazione delle sue porte.
Da questa chiesa Gregorio I (590-604), che chiamò di San Vitale, fece partire le vedove nella "litania septiformis" da lui istituita, e nella "legenda aurea" di Jacopo da Varagine [3] è detto, che nella "processione con letanie", ordinata dallo stesso Pontefice il 7 febbraio 590 [4], partirono "gli abati con i loro frati dai santi Gervaso e Protasio (S. Vitale) col clero della quarta regione ecclesiastica" (Quirinale-Viminale e zona cimiteriale Nomentana), per avviarsi a Santa Maria Maggiore, punto di adunata del corteo.
La chiesa (San Vitale) che in origine aveva tre navate, delle quali larghissima la centrale, fu restaurata: da Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484) nel 1475, da Clemente VIII (Ipolito Aldobrandini - 1592-1605), che l’unì gerarchicamente a Santa Andrea del Quirinale, nel 1595, e più recentemente restaurata da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-78). Nel 1935, fu liberato il portichetto e venne rifatto il soffitto del tempio.
Contiguo, ad uso del monastero suddetto, fu un orto e, a fianco della navata destra, 2 antiche cripte già appartenute a qualche edificio romano.
I preti del titolo di Vestina (S. Vitale) avevano avuto affidato da Innocenzo I (401-417) il governo della basilica di Santa Agnese "extra muros" ed è per tale funzione loro attribuita che molti di essi si fecero seppellire in Santa Agnese. N’è stata trovata una lapide intitolata all'accolito Abundantius Reg. Quarte T.T.Vestinae. Piccola lapide che trovasi, in copia, nell’atrio della chiesa di San Marco .
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[1] ) Il Quirinale nel sec. VII fu chiamato anche « monte Nola ». Delle 3 navate dell’antica basilica restano tracce sui muri esterni delle pareti divisorie, nell’abside intatto e nel portico.
[2] “Primicerio”: Dignitario di alto rango; “Ordines Judiciarii”: Ordine degli avvocati o uomini di legge.
[3] ) Sì racconta che Iacopo, arcivescovo di Genova, recatosi a Roma per difendere il buon diritto della sua città, violato dai Veneziani, fu ricevuto da papa Bonifacio VIII (Benedetto Caetani - 1294-1303) nel giorno delle ceneri, che fece così cambiare per lui la formula rituale: "Memento, quia ghibellinus es, et cum ghibellinis in cinerem converteris”. Appunto da arcivescovo, riuscì a trasformare la sua città, come egli stesso narra nella "Cronaca di Genova", in "una societas, una fraternitas, et unum corpus”. Sua opera principale è la “Legenda aurea” che è una lunga raccolta di biografie di santi, distribuite secondo le diverse fasi dell'anno liturgico. Scrisse pure i "Sermoni" i "Commentari di Sant'Agostino" e la "Cronaca di Genova". Il suo nome è registrato in quattro modi diversi: Iacopo da Varazze, da Varagine, da Voragine e da Varaggio. Nato fra il 1228 e il 1232, diventò arcivescovo nel 1292 e morì nel 1298. La "Legenda aurea" diventa, nel suo svolgimento, spesso un'antologia di bozzetti dialogati, assai simili ai racconti d'avventura che si leggevano nelle corti medievali e rappresenta, per i santi che vi si celebrano, quello che sono le canzoni di gesta per gli eroi cavallereschi.
[4] ) S. Gregorio Magno (590-604) dice, della peste che flagellava Roma e che il 7 febbraio (590) aveva ucciso il suo predecessore Pelagio II, che ad occhio veggente d'uomo, miravansi scendere dal cielo frecce che parevano trafiggere i petti degli uomini. “Ma poi che la pestilenza ancora guastava Roma... si ordinò ad un tempo Pasquareccio la processione con le letanie ... Ne la quale processione San Gregorio fece portare l’immagine della Beata Santa Maria sempre Vergine, la quale, come si dice, è ancora nella chiesa di Santa Maria Maggiore... Questa cotale immagine era portata innanzi la processione, con grande reveretia...”. “Il popolo era diviso in sette schiere, a seconda dell'età e del ceto, e ognuna si riunì in una chiesa, donde, poi, mossero solennemente ad una meta comune, che era Santa Maria Maggiore, per ordinare la processione. I chierici partirono da San Cosma e Damiano con i preti della VI regione; gli abbati, con i loro frati, dai SS. Gervaso e Protasio (S. Vitale) con il clero della IV regione; le abbadesse con tutte le monache dai SS. Marcellino e Pietro con i preti della I regione, tutti i fanciulli di Roma, con i preti della II regione dai SS. Giovanni e Paolo sul Celio; tutti gli uomini laici da Santo Stefano sul Celio, ed i preti della VII regione; le donne vedove da S. Eufemia coi sacerdoti della V; le donne maritate da San Clemente con i preti della III regione. Come il popolo e il clero furono dalle varie parti aggruppati a Santa Maria Maggiore, si mosse la processione”. “Ed ecco, prosegue la Legenda aurea, che tutta la macula dell’aere del turbamento, dava luogo alla imagine quasi come fuggisse la detta imagine e non potesse patire la sua presentia: e così dopo la imagine rimanea meraviglioso sereno e l'aere tutto purificato. Allora, come si dice, furono udite in aere voci d’angeli che cantavano: “Regina coeli laetare, alleluia... E incontanente il beato... aggiunse quella parola che seguita alla fine, cioè: Ora pro nobis, rogamus, alleluia. Allora S. Gregorio vidde in sul castello di Crescenzio, che oggi è chiamato Castello Sant'Angelo, un agnolo di Dio che forbiva un coltello aguzzente, tutto insanguinato e rimettello nella guaina, e intese, per questo, il beato Gregorio, che la pestilentia era rimasa: e così fu, onde quello castello fu da indi innanzi chiamato Castello Sant'Angelo”. Il ponte si chiamò Sant'Angelo, dopo la processione di penitenza del 590.
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